In questo articolo si tenta di spiegare quale potrebbe essere l’apporto delle caratteristiche già note dell’ esperienza adozione alla discussione sulle questioni relative alla genitorialità delle coppie omosessuali portata all’attenzione del governo dalla comunità LGBTQIA*.
Partiamo qui dall’assunto che la capacità genitoriale delle coppie formate da persone dello stesso sesso sia indubbia e che non esistano condizionamenti del bambino legati all’orientamento sessuale dei genitori come dimostrato da numerosi studi.
Le tematiche legate ad identità e origini sono, infatti, quelle spesso sollevate a baluardo dell’opposizione a qualsiasi forma di adozione concessa alle coppie omosessuali.
Tutti si chiedono come starà questo bambino nella sua condizione di nato grazie alla gestazione per altri o alla donazione di sperma. Sembra che non esistano narrazioni adatte a spiegare a dovere i recenti sviluppi delle relazioni umane legati al progresso delle tecniche. Tecniche che permettono di mettere da parte l’idea per cui essere madri sia il destino unico delle donne. L’esperienza di chi è nel mondo adottivo potrebbe essere invece una narrazione valida da cui partire perché le persone adottate sono avvezze a discutere delle tematiche inerenti a origine e identità essendone direttamente protagoniste. Ma andiamo con ordine.
Generare e essere genitore
Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità ha bisogno di amore e di comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d’affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre. La società e i poteri pubblici hanno il dovere di aver cura particolare dei fanciulli senza famiglia. [..]
Generare e essere genitore sono diventate due cose ben distinte nel momento in cui l’evento nascita è stato sempre più scelto.
Le persone che danno bambini da loro generati in adozione e quelle che si offrono per la gestazione per altri o la donazione di sperma hanno in comune la rinuncia alla funzione genitoriale. Questa loro rinuncia alla funzione genitoriale permette, in entrambi i casi, di colmare l’incapacità fisica di generare di una famiglia che ha il desiderio di esercitare la funzione genitoriale.
Il legame con i generanti resta però indissolubile. Lo dimostra la nascita di numerosi movimenti legati alla ricerca delle origini degli adottati. Diviene però un legame altro dal rapporto genitore/figlio ed è piuttosto una ricerca legata all’affermazione della propria identità. Quasi tutti gli adottati ritengono infatti che i “veri” genitori siano le famiglie da cui si è stati adottati, dichiarano cioè che non stanno cercando altri soggetti che svolgano la funzione genitoriale.
Diversamente nati
I figli adottati e quelli nati da donazione hanno in comune il non essere stati cresciuti dalla stessa madre o dallo stesso padre che li ha generati.
Come sono nato? Da dove vengo? A chi somiglio? Sono domande che potrebbero porsi entrambi, si guardi al caso Generation Cryo.
Sentirsi figli
Entrambi sono nati diversamente come figli all’interno della loro famiglia.Tuttavia si è visto che “possiamo già parlare dell’assunzione dell’identità genitoriale nel momento stesso in cui la coppia inizia a fantasticare intorno “all’idea del figlio”. Tornano alla mente le parole di Winnicott che asseriva che il mestiere di genitore è qualcosa che “la coppia inizia per gioco potendo solo successivamente coglierne le difficoltà”.
Questi figli non sono perciò sentiti diversamente da chi esercita su di loro la funzione genitoriale ma percepiti come diversi socialmente, perché frutto di dinamiche relazionali non comuni. Come se chi non partecipasse attivamente alle loro storie non avesse gli strumenti adatti ad accoglierli.
Sarebbe quindi importante che attraverso le istituzioni si cercasse di incrementare l’opera di diffusione delle informazioni riguardo ai diversi tipi di famiglia possibili in modo che la pressione sociale su questi soggetti venga ridotta.
L’adozione e iI veti dell’anonimato
Quando si parla di adozione si parla spesso di ferite del rifiuto e dell’abbandono, a causa di eventi concreti, in caso di storie drammatiche, e di verità supposte, nel caso dei veti posti dall’anonimato.
Molte storie di adozione risultano tutt’oggi piene di dettagli oscuri a causa di determinati rapporti di potere instaurati negli anni dagli enti coinvolti. Molti adottati alla ricerca non hanno accesso alla conoscenza delle proprie origini biologiche. Basti citare la legge dei 100 anni in vigore in Italia.
Leggi come questa sono a tutela di un sistema adozioni poco chiaro che copre storie di figli sottratti alle donne che li hanno generati contro la loro volontà e di un sistema che supponeva che le gestanti con gravidanze non programmate dovessero restare nell’oblio per loro sicurezza. Risultano quindi obsolete nell’odierno sistema adozioni che si presuppone oggi sia diversamente regolato.
Si ha anche l’impressione che quando qualcosa della propria storia viene taciuto sia sbagliato e di conseguenza, debba sentirsi sbagliato il protagonista della storia stessa.
Tutte le esperienze con qualcosa di ignoto sembrano minare il processo di autoaffermazione dell’individuo.
La verità: risolvere il problema dell’ignoto
Lovecraft diceva che la più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto.
La paura dell’ignoto sembra toccare un po’ tutti gli attori sociali citati.
I genitori adottivi hanno paura di essere spodestati in stile “I ragazzi stanno bene ” dal genitore fantasma, e anche se l’esempio cinematografico non si riferisce alle coppie etero queste non ne sono esenti.
Gli adottati convivono con un vuoto nel loro passato che sembra sottrargli la legittimazione del ruolo di figli di cui massima espressione è la sensazione di rifiuto e abbandono.
La possibilità di contattare il donatore o il genitore biologico potrebbe già essere adeguatamente motivata da ragioni prettamente mediche legate al patrimonio genetico. Viste però le problematiche legate all’anonimato, sembra essere utile creare norme atte a tutelare i rapporti del bambino con tutti gli attori coinvolti nella sua genesi, che facciano in modo che la sua storia sia trasparente in modo che gli sia possibile conoscere tutti i nodi delle sue radici e possa decidere autonomamente in che misura ne ha bisogno per affermarsi come individuo.